Memoria o oblio nell’era digitale*
Gli spazi della memoria nascono attraverso quella parziale focalizzazione del passato di cui un individuo o un gruppo hanno bisogno per costruire il senso, per fondare la propria identità, per orientare la propria vita, per motivare il proprio agire (...)
Ciò che viene così isolato nel ricordo è sempre circondato da un alone d’oblio.
I ricordi focalizzati e condensati includono necessariamente l’oblio, come quando spostando la candela in un angolo, si oscura il resto della stanza (...)
La scrittura digitale è ancora un mediatore della memoria o, piuttosto, dell’oblio?
L’antica e fondamentale metafora della scrittura come traccia, come indizio di una presenza perduta che può ancora essere decifrata, come iscrizione nel senso d’incisione e impronta duratura, si dissolve inavvertitamente nel segno della scrittura digitale.
Con l’avvento dell’era digitale giunge a termine non solo l’epoca della stampa, ma, in assoluto, anche l’era della scrittura materiale.
Non che si sia smesso di scrivere e di stampare (...) tuttavia questo nuovo orientamento segna una decisiva trasformazione materiale degli spazi del ricordo perché la percezione della profondità, del sottratto, della sedimentazione e della stratificazione (...), legata alla materialità della scrittura (...), nell’era dell’informatica non possono mantenere la loro validità.
Quel che regna qui è la superficie, dietro la quale non ci sono che contenuti matematici e comandi in codice 1 o 0.
Il ricordo non può essere separato dall’oblio (...) il problema oggi è più attuale che mai: per quanto tempo la memoria abiterà ancora nel nostro mondo dominato dalla distruzione? (...)
Le cascate d’immagini dei mezzi audiovisivi non ambiscono (ancora) a un ricordo attivo.
E’ tipico della politica della memoria promossa dalla comunicazione commerciale che le immagini siano sottoposte a una serialità che stimola l’oblio e non a un ricordo valutativo.
Il ricordo che presuppone un’interruzione nel flusso continuo delle informazioni è impossibile e dannoso (...), ma anche se l’accortezza (...) all’interruzione dei flussi, con l’arresto e la stabilizzazione delle immagini e dei segni (...), dunque il lato attivo del ricordo, (...) dovesse davvero diminuire per effetto dei nuovi media, non si potrebbe in alcun modo decretare la fine della memoria.
Al riguardo si può citare Nietzsche (...) circa il lato passivo del ricordare (...)
“Continuamente un foglio si stacca dal rotolo del tempo, cade, vola via e rivola improvvisamente all’indietro, in grembo all’uomo. Allora l’uomo dice «mi ricordo» e invida l’animale che subito dimentica”.
Questo, dunque, è quel che accade con il ricordo: anche se lo trascuriamo, non ci abbandona.
Settimana del cervello (13-19 marzo 2017)
*Aleida Assmann, Ricordare, il Mulino, 2002