Tiroide, fertilità e gravidanza

Le relazioni tra funzionalità tiroidea e fertilità della donna

Tiroide, fertilità e gravidanza

Ci sono relazioni tra funzionalità tiroidea e fertilità della donna?

prof francesco giorginoLa fertilità femminile è garantita dalla complessa interazione tra fattori ormonali, ginecologici e anatomici, che insieme assicurano la regolarità del ciclo mestruale e dell’ovulazione (necessari per il concepimento) e la creazione di un ambiente uterino idoneo all’impianto e alla crescita dell’embrione. Alterazioni ormonali possono rompere questo equilibrio e compromettere la fertilità e il prosieguo della gravidanza. In particolare, gli ormoni tiroidei T3 e T4 sono implicati nella regolazione di numerose funzioni nell’organismo, inclusa la regolazione del ciclo mestruale e dell’ovulazione. Alterazioni della funzione ormonale tiroidea (in eccesso o in difetto) possono impattare negativamente sulla fertilità femminile in maniera diretta o indiretta mediante la alterazione di altri ormoni (FSH, LH, prolattina). Infatti, le disfunzioni tiroidee possono causare irregolarità del ciclo mestruale e alterazioni dell’ovulazione e possono aumentare il rischio di esiti avversi della gravidanza. Pertanto, nelle donne in età fertile, che presentano difficoltà nel concepimento o aborti spontanei ricorrenti, dovrebbe essere valutata la funzione ormonale tiroidea per escludere una delle possibili cause endocrine di infertilità.

Le disfunzioni tiroide possono influenzare la fertilità della donna?

Le alterazioni della funzione tiroidea possono influenzare la fertilità delle donne in vari modi:
1. Irregolarità mestruali: sia l’ipotiroidismo (ridotta produzione di ormoni tiroidei), che l’ipertiroidismo (eccessiva produzione di ormoni tiroidei) possono causare alterazioni del ciclo mestruale, ovulazione irregolare o anovulazione (assenza di ovulazione), che possono interferire con il concepimento.
2. Qualità degli ovociti: le alterazioni della funzione tiroidea possono peggiorare la qualità degli ovociti, riducendo la probabilità di concepimento, aumentando il rischio di anomalie cromosomiche negli embrioni e il rischio di aborto.
3. Problemi nell’ambiente uterino: disfunzioni tiroidee possono influenzare l’ambiente uterino, rendendolo meno favorevole all’impianto dell’embrione.
4. Aborti spontanei: livelli alterati di ormoni tiroidei, specialmente durante le prime fasi della gravidanza, possono aumentare il rischio di aborto spontaneo.
5. Complicanze durante la gravidanza: le alterazioni della funzione tiroidea, non corrette durante la gravidanza possono essere associate ad un rischio aumentato di complicanze: ipertensione arteriosa, parto pretermine o ritardo della crescita intrauterina.
6. Calo della libido: l’ipotiroidismo può causare affaticamento, astenia e calo della libido, impattando in maniera indiretta sulla fertilità.
Molti di questi problemi possono essere risolti con una terapia adeguata finalizzata a ripristinare la corretta funzione ormonale tiroidea. Per questo motivo, nelle donne che stanno pianificando una gravidanza, o con difficoltà a concepire, e nelle donne già in gravidanza dovrebbe essere valutata la funzione ormonale tiroidea per instaurare la eventuale terapia.

Come la iodoprofilassi ha influenzato la salute tiroidea e la fertilità della donna?

La profilassi con iodio è un intervento utilizzato per prevenire i disturbi legati alla carenza di iodio, come il gozzo endemico e il ritardo mentale nei neonati. L’adeguata assunzione di iodio è fondamentale per garantire il corretto funzionamento della tiroide, poiché lo iodio è un componente necessario per la sintesi degli ormoni tiroidei. Pertanto, la iodo-profilassi può influenzare la salute tiroidea e di concerto la fertilità delle donne:
1. Prevenzione delle disfunzioni tiroidee e miglioramento della fertilità: l’adeguato apporto di iodio è necessario per prevenire la carenza iodica, che è tra le principali cause di disturbi tiroidei, come l’ipotiroidismo e il gozzo. Il mantenimento di livelli appropriati di iodio promuove una funzione tiroidea ottimale, che contribuisce a migliorare la fertilità.
2. Riduzione del rischio di complicanze durante la gravidanza: la iodo-profilassi può ridurre il rischio di complicanze derivanti dalla carenza di iodio durante la gravidanza, come l’ipotiroidismo o il ritardo mentale nel feto. Questo può contribuire a una gravidanza più sana e a una migliore salute materno-fetale e neonatale.
3. Prevenzione di aborti spontanei: prevenendo il rischio di disordini della funzione tiroidea, la iodo-profilassi può contribuire a ridurre il rischio di aborti spontanei.
È importante sottolineare che anche l’eccesso di iodio può essere dannoso, tanto quanto la sua carenza. Pertanto, è essenziale mantenere un equilibrio nell’assunzione di iodio e non eccedere le dosi raccomandate, specialmente durante la gravidanza e l’allattamento. Pertanto, le donne in età fertile dovrebbero consultare il proprio medico riguardo alla necessità di integrare lo iodio.

Come la iodoprofilassi ha influenzato la salute tiroidea e la fertilità dell’uomo?

La profilassi con iodio può influenzare la salute tiroidea e la fertilità maschile in modo simile a quanto avviene nelle donne, sebbene gli effetti siano meno chiari e meno esplorati nell’uomo. La profilassi con iodio può influenzare la salute tiroidea e la fertilità maschile con diversi meccanismi:
1. Prevenzione delle disfunzioni tiroidee: come nella donna, assicurare un adeguato apporto di iodio è fondamentale per prevenire la carenza di iodio e quindi il rischio di disturbi tiroidei.
2. Miglioramento della fertilità: come nella donna, livelli ottimali di iodio sono necessari per la produzione degli ormoni tiroidei, che sono coinvolti nella regolazione della fertilità maschile; infatti, una corretta funzione tiroidea è associata a una migliore qualità del liquido seminale e a un miglioramento della fertilità.
3. Riduzione del rischio di anomalie genetiche negli embrioni: una corretta funzione tiroidea negli uomini può contribuire a una migliore qualità del liquido seminale, riducendo così il rischio di anomalie genetiche negli embrioni.
Anche per gli uomini è importante mantenere un equilibrio nell’assunzione di iodio, evitando sia la carenza che l’eccesso, e pertanto una valutazione endocrinologica può essere preziosa per determinare le dosi appropriate di iodio e rilevare eventuali disfunzioni tiroidee.

Come le terapie oncologiche al momento utilizzate, in particolare per il tumore mammario, possono influenzare la funzionalità tiroidea?
Le terapie oncologiche di ultima generazione hanno dimostrato una buona efficacia in molti tipi di tumore, tanto che il loro utilizzo è stato approvato per la terapia di diverse neoplasie (melanomi, carcinoma dele polmone del rene, e neoplasie del sangue). Tali terapie includono l’immunoterapia con gli inibitori del checkpoint immunitario (ICI) e le targeted therapies, nello specifico gli inibitori di tirosin chinasi (TKI). Gli ICI approvati, inibitori del CTLA-4, del PD-1 e del PDL-1, agiscono attivando la risposta immunitaria del paziente contro le cellule tumorali. I TKI, invece, agiscono bloccando proteine che favoriscono l’angiogenesi e la proliferazione cellulare. Uno dei principali problemi legati all’uso di queste classi di farmaci è la tossicità endocrina, che si manifesta con una riduzione o un eccesso della funzionalità ormonale della ghiandola endocrina colpita. Sebbene qualsiasi ghiandola possa essere oggetto di tale tossicità, la tiroide è l’organo più frequentemente interessato (circa il 15% dei casi), con quadro clinico che spesso consiste in una ridotta produzione di ormoni tiroidei, cioè nell’ipotiroidismo. Tale quadro si presenta in genere 1-3 mesi dopo l’inizio della terapia e può essere preceduto da un periodo transitorio di ipertiroidismo, dovuto al rilascio eccessivo di ormoni nel sangue da parte della tiroide colpita. In aggiunta alla tiroide, anche ipofisi, surreni e pancreas endocrino possono essere colpiti. L’immunoterapia rappresenta una opzione concreta anche per le donne con carcinoma mammario che presentano la variante particolarmente aggressiva in cui non sono presenti i recettori per estrogeni e progesterone, né il recettore HER-2.
Pertanto, queste pazienti dovranno essere valutate per la possibilità di tossicità endocrine, come ipotiroidismo e/o ipertiroidismo.

 

 

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